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Volare, per spaziare con la mente e nutrire il cuore

Aggiornamento: 4 gen 2021


"Voici mon secret. Il est trés simple: on ne voit bien qu’avec le coeur. L’essential est invisible pour les yeux” - “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. (Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943).


Chi non conosce Le Petit Prince, l’opera più famosa di Antoine de Saint-Exupéry, scrittore e aviere francese scomparso tragicamente mentre era in volo la notte del 31 luglio 1944? Oggi mi va di cogliere una delle tante perle del libro che l’autore non immaginava potesse essere tradotto in duecentocinquanta lingue e diventare un cult-book da semplice racconto per l’infanzia che era in origine. Il dialogo fra il piccolo principe proveniente da un lontano asteroide e in viaggio sulla terra e un pilota di aerei precipitato nel Sahara è un capolavoro della letteratura e la sua lettura ci colma ogni volta di stupore, grazia, commozione. Il segreto del piccolo principe, che vedeva col cuore, l’unica lente con cui si può cogliere l’essenziale, altrimenti invisibile, è la leva cui dovremmo ricorrere per tirarci su in questi tempi in cui siamo quasi rasi al suolo e niente e nessuno riesce a sollevarci.

Abbiamo bisogno, sopra ogni altra cosa, di raddrizzare la schiena e una volta in piedi sollevare lo sguardo verso l’alto e librarci, come i personaggi di Le coq rouge dans la nuit, il dipinto di Marc Chagall che pare abbia ispirato a Franco Migliacci il testo della canzone Nel blu dipinto di blu, vincitrice del Festival di Sanremo 1958 grazie a Domenico Modugno. Perché volare è l’essenza stessa della vita. Volare è un bisogno fisiologico, chi non lo espleta finisce per appassire. Volare nutre la mente e disseta il cuore. Chi ci rinuncia è destinato ad appassire prima del tempo.

Quando penso alla follia di Icaro e alla mania di Leonardo da Vinci, che era ossessionato dal volo degli uccelli e sognava di imitarli, mi sento come colto da una febbre che ho sempre saputo dominare, altrimenti… Confesso che ho un rammarico. Non ho mai preso il brevetto di volo né ho sperimentato la sublime esperienza del parapendio. L’aggravante è che entrambe le discipline erano alla mia portata. Como, la città dove vivo, vanta la scuola di volo più antica del mondo e ha fatto la storia degli idrovolanti. Il lago di Como offre altre rinomate scuole di volo e punti di decollo e atterraggio fuori del comune. Se tornassi indietro con gli anni mi toglierei queste voglie. Le circostanze (o forse la pigrizia) me l’hanno fin qui impedito. In compenso, è tutta la vita che volo con le ali della fantasia, dell’immaginazione. Non posso farne a meno e mai ci rinuncerò. I voli pindarici sono la mia specialità ma adoro anche spiccare il volo sule terre inesplorate della creatività, sui fiumi della storia e sui regni dell’immaginario. Se sono diventato uno scrittore è perché ho arricchito il mio volo di acrobazie. Come in tutti i campi, l’esperienza rende abili. Ho anche imparato che il cuore ha una vista straordinaria e difficilmente si sbaglia quando si osservano le cose a volo d’uccello, con le ali spiegate. Confidare nel cuore è come affidarsi alle correnti dell’aria. Dovremmo imparare dai volatili, soprattutto i grandi migratori, il cui volo libero è indice di fermezza, sicurezza, resistenza e armonia. Dovremmo acquisire da loro una virtù sopra ogni altra: la leggerezza.


Saint-Exupéry, di cui ho amato tantissimo anche Vol de nuit, un romanzo intimo e riflessivo che ho letto quand’ero adolescente, amava il volo più di ogni altra cosa. Volare, in tempo di pace e di guerra, era per lui un bisogno fisiologico. Sapeva volare anche con la mente e ciò lo rendeva un uomo speciale. La sua morte è rimasta avvolta nel mistero per tanti anni ma oggi sappiamo come andarono le cose la notte del 31 luglio 1944. Durante l’ultima di cinque missioni di ricognizione fra la Sardegna e la Corsica, egli scomparve precipitando col suo bimotore Lockheed Lightning F-5 nelle acque del Mar Tirreno. Era diretto a Lione. Si parlò di incidente e forse di suicidio (si pensò che lo scrittore-aviere avesse deciso di morire in volo per coronare la sua vita inimitabile) ma in seguito prese credito l’ipotesi che il suo aereo fosse stato abbattuto da un caccia tedesco. Nel 2004, furono ritrovati a sessanta metri di profondità al largo dell’Ile de Riou i rottami di un aereo che si crede sia quello di Saint-Exupéry. Non tutti ne sono convinti, però. Nel 2008, Horst Rippert, un ex-pilota della Luftwaffe che ebbe al suo attivo 28 vittorie in scontri aerei, ammise di avere abbattuto l’F-5 su cui volava in solitario Saint-Exupéry. Rippert ha tenuto nascosto il suo segreto per sessantaquattro anni. Il motivo? Quando seppe di avere ucciso un personaggio conosciuto e amato anche in Germania per i suoi libri sul volo provò un senso di colpa e di vergogna. Ma quale morte migliore poteva decretare il trasferimento definitivo nei cieli di un uomo che avrebbe rinunciato a tutto ma non a volare?


Noi non siamo tenuti a tanto, tuttavia dovremmo usare la stessa determinazione di Saint-Exupéry, la stessa fedeltà e coerenza nel dispiegare le ali, e pazienza se sulla via incontreremo un Rippert che cercherà di abbatterci. Al massimo, riuscirà a colpire il nostro orgoglio, a ferire i nostri sentimenti. Ma non potrà farci precipitare negli abissi, non se ci ostineremo a volare per cogliere l’essenziale della vita.


Vola solo chi osa farlo, ha scritto Luis Sepulveda, un altro grande scrittore. Chi può negarci il diritto di osare? Chi può impedirci di spaziare con la mente e vedere col cuore anche in tempi in cui siamo avvolti dalla nebbia?


Giuseppe Bresciani ©

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